Ancora oggi la parola piorrea suggerisce subito al paziente la gravità di un problema di salute orale. La parola viene di solito tramandata come una “maledizione” famigliare e si associa ad immagini poco rassicuranti quali denti che dondolano e cadono spontaneamente e dentiere rosa appoggiate sul comodino.
Per fortuna oggi le cure odontoiatriche possono fare molto prima di arrivare a queste situazioni estreme. Il fattore determinante è intervenire in tempo, adottare un approccio serio e preferibilmente multidisciplinare. Certamente dunque non bisogna abbassare mai la guardia perché si tratta di una vera e propria malattia cronica che accompagna il paziente predisposto per tutta la vita.
Non è possibile in questa sede dare una spiegazione esauriente e dettagliata ma vorrei offrire alcuni concetti al lettore che lo aiutino quanto meno a orientarsi un po’ circa uno dei trattamenti più complessi da gestire in odontoiatria.
Noi addetti ai lavori parliamo di malattia parodontale, ovvero una malattia che affligge e colpisce i tessuti di sostegno dei denti: osso e gengive. Ha una forte componente ereditaria e la ricerca si sta anche concentrando su studi di genetica per riconoscere quali siano i geni responsabili della predisposizione.
La piorrea è fortemente condizionata da fattori di diverso tipo:
Per ognuna di queste variabili si apre un menù a cascata e a seconda di come queste si incrociano o si sovrappongono tra loro, si verificano diverse situazioni cliniche: in sintesi non c’è un caso uguale all’altro e ogni paziente presenta il problema in modo diverso e altamente individuale. Così anche il piano di cura e le soluzioni da proporre sono sempre diverse da persona a persona.
La letteratura scientifica più recente parla di staging e di grading nel tentativo di definire la gravità del singolo caso di malattia parodontale. Lo staging valuta la severità dei danni presenti, la complessità della situazione, la sua estensione e può essere di grado 1-2-3-4. Il grading indica il rischio di progressione che si classifica di tipo A o B o C.
Le cure possibili ci sono e sono anche spesso risolutive, ma un fattore assolutamente determinante ai fini del successo è la precocità dell’intervento. Non solo, la malattia parodontale richiede un’attiva e buona collaborazione da parte del paziente che deve acquisire ottime abitudini di igiene orale e deve accettare di cambiare alcune abitudini di vita (alimentazione, fumo, frequentazione con il dentista).
Infine, ovviamente, ci vuole anche un dentista attento e capace che sappia riconoscere e intercettare precocemente i primi segni di malattia, che sappia erogare le cure giuste e in modo accurato e che si prenda il tempo per istruire, motivare e accompagnare il paziente in un, ahimè!, lungo e continuo percorso di cura.
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